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VOMITO EXPRESS

Powered by Sararlo 30 July 2007 ·

Questo raccontino sembra ripescato da una rubrica della Domenica del Corriere, ci manca solo la tavola di un Achille Beltrame un po' pop. L' ispirazione è venuta da una rimpatriata tra giovanotti sopra gli  'anta che rievocavano, con malcelato orgoglio, gesta che si possono raccontare, senza pudore, solo dopo molti anni. Naturalmente ne è derivata una libera reinterpretazione letteraria, pubblicata, poi, con l' unico sito in linea con lo spleen dei protagonisti: "Joe Water e gli scopini".

Volevano farsi chiamare i Magnifici Quattro, ma dei supereroi avevano, al massimo, la faccia normale.

Chi non li conosceva, vedendoli ciondolare apparentemente senza meta nelle acchiappavasche patavine, li aveva bollati come il Poker di Picche.

Non che con le ragazze avessero un rapporto autistico, semplicemente non erano la loro mission number one, si occupavano anche d’altro, solo che pochi o nessuno lo sapeva.

Ora, giunti alla soglia dei forthy, regolare targa professionale e famiglia composta a copertura, ogni tanto si lasciano andare e salta fuori qualche particolare del loro muovere le acque in una sonnolenta Padova post Negri Toni di metà ottanta.

Nella loro candid camera uicchenda di paperissime amatoriali, il pezzo forte era il “Vomito Virtuale”.

Chissà se Romolo Bugaro, il Virgilio del terzomillennio veneto, questa la conosce; magari le brevi note potranno essere musa per uno dei suoi prossimi best seller.

Vomito Virtuale

Preparazione.

Quattro persone, per uno finale.

In quattro domicili diversi il responsabile territoriale ha cura di prendersi una boccia in pvc, preferibilmente da 1.5 l.

E’ indifferente se il contenuto primigenio fosse mineral water, like than Coke or Fanta.

Into the bootle il mix è libero.

Materie prime elettive possono essere Vino Rosso o Latte. Un plus dallo yogurth.

No Cheese, perchè questa preparazione entrerebbe in contrasto con la ricetta originale del Brus, Dop illegale e langarola.

Vanno benissimo, invece, verdure, possibilmente a foglia, o vecchi spicchi di mele o meloni.

Irrinunciabile la Simmenthal, soprattutto nella sua parte grassa. Anche Montana o Manzotin venivano accettate.

La stagionalità è importante, perché in estate, la boccia, lasciata a fare incubatrice sotto il sole cocente, permette la massima creatività allo sviluppo di colture batteriche che avrebbero fatto la gioia di Pasteur e di effluvi degni delle migliori maison  transalpine.

Quando la pozione era giunta a frollatura adeguata partiva la seconda fase.

Era rassicurante l’ espandersi progressivo di muffa, garanzia di qualità inarrivabile.

Generalmente nei venerdì pomeriggio o al massimo nei sabato mattina, quando la maggior parte dei coetanei cercava di leggere nei fondi di caffè le loro più o meno presumibili possibilità di accoppiamento etero, i nostri eroi battevano la città come consumati sceneggiatori bollywoodiani, alla ricerca dello scenario migliore.

Preferite le Gelaterie, possibilmente quelle per famiglie, o i nascenti Pub della Padova da bere, con il meglio della dorata gioventù in reciproca vetrina.

I ruoli erano così codificati.

Driver l’imprendibile. Non era Ryan  O’Neal, e non era nemmeno biondo, ma il di lui padre aveva un’agenzia di auto ultraperformanti, a garanzia di Fuga (volendo si poteva anche sostituire con la “i” la prima vocale, ma non era quella la mission, non “quelle sere”, almeno): preferite BMW e  Mercedes, ovviamente.

Poi c’era Otta, la mente insana del gruppo, il regista delle peggiori trame.

Un ruolo da manager, un team leader degli abissi.

Poldo faceva essenzialmente da palo, quando la scena arrivava al clou finale, e bisognava avere l’occhio lesto per dire a Driver di spingere a tavoletta per il dileguarsi verso l’ anonima periferia.

L’eroe di Vomito Express era senza dubbio Argo, chiamato così non certo dalla mamma al fonte battesimale, ma dagli altri tre, per la inde,fessa dedizione al gruppo, soprattutto quando il rigurgito faceva la differenza.

A lui il posto d’onore, quello riservato a dignitari e presidenti.

Sedile posteriore, a  destra del conducente, quello, per intendersi, a più facile portata di tombini o marciapiedi.

L’ora del colpire era a doppia mandata, a seconda della meta.

Verso le 22, se la Gelateria prescelta era quella per famiglie, con pargoli a lato, stremati dalle calure estive.

Around midnight quando si voleva premiare il Pub da Chimay per tutti.

C’era un primo passaggio, anonimo, per verificare che tutto fosse a posto.

Se c’era luce verde, rapida virata, rispettosa del codice, e arrivo sempre più lento al Punto Zero.

Si abbassavano prima i finestrini, per far trasparire le rassicuranti note dei Meat Loaf, quelli di Bad Out of Hell.

Ad un certo punto, con la faccia paonazza di chi si sta confrontando con quelli che potrebbero essere  gli ultimi momenti terreni, Argo tirava giù completamente il finestrino e si sporgeva esternando i primi conati, comunque continenti.

La rotondità dell’ovale ben incarnato, il lieve esoftalmo ipertiroideo, i primi segnali di una canizie generosa ed integrale, aumentavano l’effetto a mongolfiera di un’entità che non riusciva più a contenere gli umori del mondo.

Questo primo trailer attirava l’attenzione degli astanti più vicini, subito presi da quel moto contrastante di chi viene mosso a pietas ma già ha tutta la mimica facciale pronta a piombare nel disgusto delle gambe levate.

L’arte sottile poi era nella perfetta sincronizzazione della seconda mossa.

Argo spalancava la porta, quasi a non voler recar disturbo ai suoi compagni di abitacolo.

Una mano si attaccava al bordo del finestrino, quasi ad ultimo sostegno prima del baratro.

Poldo, dietro di lui, da amico della Via Paal lo sosteneva come poteva con una mano sulla tempia.

La faccia di Argo spariva a metà, gli occhi ben visibili nell’estremo sforzo, la bocca celata, forse per pudore o per rispetto degli astanti.

Nell’abitacolo davanti guardavano distratti in giro, parevano come quegli assistenti sociali un po’ annoiati, indecisi se fumarsi una cicca nell’intervallo.

E lì c’era il capolavoro.

Argo emetteva boati rigurgiti peggio del Vesuvio a Pompei.

Poldo gli era vicino.

Delle due mani, una dell’uno e una dell’altro, abbiam già detto.

Delle altre due, però, no.

Là entrava in gioco l’astuzia e la perfidia dei soliti ignoti.

Alternativamente, compatibilmente con il fatto di tener la scena, le altre due mani pompavano come ossesse nel far uscire dai contenitori in Pvc l’effetto splatter più struggente che, tra mille schizzi, si rigagnolava verso il malcapitato pubblico.

A seconda dell’audience che questo creava, le eruttazioni laviche e nauseabonde si protraevano per alcuni secondi.

L’effetto splatter era garantito.

Bimbi che piangevano, padri che coprivano occhi innocenti; davanti ai Pub, qualcuno che aveva qualche doppio malto di troppo sulla coscienza, si allontanava con evidenti subbugli interiori.

Il massimo venne raggiunto quella volta che, accanto ad avanzi di tagli, ritagli e frattaglie era stata aggiunta, consapevolmente, una lucertola passata alla vita dei più.

A questo flash back targato Graffity ‘80, gli occhi di Otta si illuminavano ancora ventanni dopo.

Driver aveva rilevato l’ attività del padre e adesso rimorchia in proprio, quarantenne navigato, squinzie dalle magliette bonsai e le infradito tacco 12.

Poldo fa il geometra per la provincia, considerato che la Laurea in Architettura non valeva tutti quei viaggi a Venezia.

Quanto ad Argo, il suo faticato dottorato in Lettere e Filosofia lo aveva portato in Francia dove si dica abbia nidificato pacioso con una sua collega transalpina.

Sic transit gloria mundi, forse.

Ma un lampo, nella luce degli occhi di Otta, ci ha fatto sospettare, per un momento, che in un angolo della sua cantina ci sia ancora qualche boccia di Fanta o Coke pronta a riaprire le danze, così, just for fun, per un’ altra notte o giù di lì.

Categoria: Sararliche

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