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OSTERIA SENZA OSTE - Valdobbiadene (TV)

Powered by Sararlo 12 December 2008 ·

La Gola profonda delle Prosecco County Hills ci aveva regalato la soffiata fin dall’inizio, or sono circa 2 anni ago.
“Vara che là i fa ‘na roba strana, da ridar”.  Per i non latinisti: “tra i tornanti che conducono a oriente di Valdobbiadene, colà hanno avuto un’idea originale”.

Presi da Calandrate e Dalverate assortite abbiamo lasciato dormiente il post nell’agenda della memoria.

Ora, dell’ Osteria senza Oste, ne parlano un po’ tutti.
Gli articoli sulla stampa generalista si susseguono con regolarità e molte sono le penne del quotidiano e periodico scrivere che gli hanno dedicato un pezzullo più o meno esteso.
Divertente quello di Stefano Lorenzetto, su Il Giornale, nella sua fortunata rubrica Tipi Italiani
(www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=29042)
Già, gli inventori di codesta idea sono due fratelli che, nella vita, fanno tuttaltro: Cesare & Giacomo De Stefani, i quali, due colline e quattro curve più in là, conducono una piccola conceria salumaia, la De Stefani appunto.

L’idea, teoricamente da boy scout utopici, è quella di offrire al viandante di passo un piccolo ostello per ammirare panorami e prodotti di Land Prosecca.
In montagna li chiamano Bivacchi, qua siamo si e no a  250 m.s.l.
Quelli del C.A.I. creano bivacchi là dove branchi di camosci selvaggi e cime tempestose ti fanno sentire, per un attimo, l’unica creatura bipede dell’universo. Qua la camionabile è a un tiro di tappo e, 100 metri più sotto, c’è la Cantina di un rinomato produttore di bolle proletarie.

Ci siamo capitati per un buco d’agenda imprevista, affaccendati d’ altre cose in area vicina.
Presa una semi carretera vignaiola, si parcheggia in un’area attrezzata tra i filari.
Si fanno quattro passi e, dietro una curva, c’è questa casera-bivacco tra i colli.

Il vociare dall’interno è di combriccola già gaudente.
Scostata la porta di legno secolare i tavoli sono 4x4, come l’Audi del mitico Walter Rohrl.
Ci si sta un po’ più di una dozzina, a farla generosa (dipende anche dalla taglia dei commensali).

E’ tutto autogestito, come in un Autogrill.
La madia con i bicchieri; poi c’è una mensola con  i taglieri che fanno da piatto; il coltello da salumaio che taglia, appunto, a coltello, todo el mundo affettabile. Fatene tesoro perché  è l’unica posata.
Altra madia a vista con salumi companatici appesi e pane cellophanato.
Il frigo ve lo aprite da soli e poi, a patto di richiuderlo, potete prendervi tutte le bocce che volete.
Il caminetto, in stagione, va tenuto assolutamente vivo; la legna è in un bauletto facile da aprire, giusto per giocare a fare i fuochisti di giornata.
C’è anche l’angolo libreria, con un po’ di volumi di storia e folklore locale.
Come in Autogrill, appunto.

E quindi vai di tagliere e mano lesta, geneticamente modificati in delle Berkel umane; si fa come quelle combriccole che, per festeggiare  la scalata a digiuno del Cervino o delle Grandes  Jorasses, si concedono poscia il premio del giusto.
Qua, la macchina, a farla lunga, è parcheggiata a 20 metri.
Dal cesto dei salumi si possono pescare Lonza, Soppressa, Coppa, un “Giacomino”, tutti sottovuoto (interessante quest’ ultimo, un filettino di maiale affumicato con lieve marinatura prosecca).
Come detto c’è il Salame, l’ altro, quello più classico, che respira a pieni polmoni nella madia, appeso a maturare tra i pani.
Il Formaj è un latteria di media stagionatura.
Il Pane è onesto, come il vino che recita sull’ etichetta di “Prosecco per fare merenda”.

Qua ci potete venire per due motivi.
Per “mangiare” (poi ne parleremo), o per assistere ad una pièce live da off.off Broadway.

De Stefani, salumaio artigianale, probabilmente ha pensato a questa casera con uso di Osteria autogestita anche per fare un po’ di show room dei suoi prodotti e di qualcosaltro atto a valorizzare il territorio.
Lo conoscevamo in maniera indiretta.
Suo un recupero di pregevole archeo.norcineria locale, fatto riportando alla luce una oramai scomparsa Luganega bianca trevigiana,  ottima con una  (introvabile) Minestra di riso in brodo, provata recentemente in una cantina di resistenza umana.
Molto buona anche la Martondela, descritta in precedenti note corsare, alla tavola del San Martino de Scorsè.
Qua, la salumeria on the air, a essere sinceri, non ci ha proprio entusiasmato (a parte il Giacomino giàdetto).
La concia è un po’ unta (cioè anonimamente prevaricante e quindi anestetizzante); le spezie sono state messe forse con il braccino corto e la ciccia suina ha una personalità filo donabbondiana di manzoniana memoria (nessun link con il manzo, stiamo ragionando di porcellità pratica).
Insomma, salumi più da rustico bivacco che da boutique in style Peck. 
Buono invece il formaggio, di un caseificio locale d‘intorno.
Ci sono anche gli ovetti lessi, da cicchetto veneziano. Bolliti necessariamente il giorno prima. Se poteste farveli espressi in loco, ovviamente, darebbero più soddisfazione.

Tuttavia, in questa Osteria senza Oste, non si deve venire per mangiare, ma per puro divertimento.
Potete portarci i ragazzini; loro hanno lo scoperto per passarci le ore del sabato del villaggio, e voi potete trastullarvi un po’ come se foste ancora morosi.
I morosi qua ci possono anche venire ma, per tubare cheek to cheek, questa non è proprio la location più consona, pur se il locale è aperto no stop dalle 8.00 a.m. alle 11.00 p.m.
La roba divertente è il campionario umano che qua può riunirsi, come in quei caleidoscopi dove sagome e colori si compongono e ricompongono continuamente.
Volevamo starci mezz’ora, giusto per buttar l’occhio e, invece, di ore ne abbiamo passate quattro.
C’era chi giuntovi accompagnato; vi erano quattro figuri che simulavano un c.d.a. dagli immancabili destini aziendali; un nonno con la figlia; un altro personaggio che “era passato solo a vedere” (ipse dixit) e, dopo poco, pareva che la combriccola stesse festeggiando il 25° di Spagna ’82, mancavano solo la pipa del Vecio Bearzot e la parlantina sciolta di Capitan Zoff..
Sarà stato il Prosecco; la possibilità di essere tutti sommelier, maitre e avventori contemporaneamente per poche ore, fatto sta che è un’ esperienza, sul piano antropologico, divertente e coinvolgente.
Uno dice, sarà stato un caso.
Può darsi, per carità. Ma, se andate a vedere gli oramai quattro libroni scritti dagli ospiti in questi manco due anni, ce n’è da scompisciarsi, segno che, tra queste quattro rustiche mura, deve agitarsi un certo folletto (che sia l’Oste che non c’è ?) che favorisce a tutti robuste iniezioni di buon umore e Joie de vivre.
Tra l’altro, un’intera mezza parete è ricoperta da bigliettini e cards che manco a Capo Nord.
Se ci passano di qua quelli di Endemol ci scappa sicuramente l’idea per farci la sit.com in salsa italica: ”Quelli che… anche senza l’Oste, lo fan lo stesso” (l’idea la regaliamo, ne abbiamo regalate cosi tante che una in più non ci cambia certo la vita).
Capite che, a questo punto, anche se il Prosecco è più etereo che etilico e la Soppressa ha un po’ soppresso  l’originale dna suino, non ve ne può importà de meno.
L’ Agriturismo certificato è a cento passi; la prima Osteria (con l’Oste regolamentare) a 1 Km. e, se volete la liturgia stellata o che, perlomeno, si avvicini bastano ‘naltra quindicina di minuti (Gigio Zanotto,  chez Locanda Marinelli).

Con la zampa sull’ uscita, dato che avete fatto i Maitre, i Sommelier, i Gourmet ganascioni, a questo punto completate l’ opera e fate pure la filippina di turno. Ramazzate le stoviglie; riponete taglieri e serramanici nello scaffale per il ”domatore”  (così chiamato il custode che, aprendo e chiudendo le chiavi dell’Osteria, provvede a fare il furiere a 360° di questa Bengodi in salsa suinamente  prosecca).
Non dimenticate di fare un mix di secco.umido per l’ apposito cestone a lato; riponete i bicchieri  proseccasciugati fuori, sulla finestra e, in add, potete portarvi  a casa il vostro DoggyBag nel caso abbiate avanzato qualcosa di edilmente trasportabile.
Prima di buttar via tutto ricordatevi di memorizzare il più o meno consumato, trascritto rigorosamente nelle varie etichette dove, tra l’altro, non si parla di prezzo, ma di “valore” (p.es., il salamazzo “vale” 8.00€, etc.)
C’è una cassettina, blindata, dove potete versare il giusto dovuto.
Non c’è servizio bancomat, ovviamente.
 
Insomma, l’Osteria senza Oste è più una buona idea che un’ idea buona (da mangiare) ma, tant’è, a volte quattro risate in una sana atmosfera gioiosamente casinara valgono più di tante pippe sul presunto equilibro (percepito) tra consistenze e temperature; dei misteri del retrogusto derivante dal rito baccante del Tappo & Olfatto e da tutte le altre menate del gourmeticamente corretto che già, normalmente, affrontiamo in questa vita, comunque per noi gioiosamente delirante e in bilico tra vizio e virtù.
Tutte ‘ste robe qua, ovviamente, senza  l’ Oste (della malora) assumono altra valenza.
Prosit, e così sia.

OSTERIA SENZA OSTE
Via  Treziese – Santo Stefano di Valdobbiadene
Sempre aperto (dalle 8.00 alle 23.00)
Potete uscire, con panza e coscienza a posto, lasciando obolo di ca. 12/20€
L’Osteria non solo è senza Oste, ma pure senza telefono.
Per ulteriori informazioni potete consultare, in orario di ufficio, la
Salumeria De Stefani – 0423 - 900616 
La storia, quella vera, in photo, la potete guatare su

Categoria: Sararlo Graffiti

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