Continua il viaggio nell'Italia minore gastronomica, quella non baciata da stelle e canguri, ma tuttavia con tavole che val la pena di conoscere, con artigiani della pignatta che conducono la loro "mission" con tenacia e passione giornaliera. Forse queste righe verranno lette solo dai conterranei Brunno e Teo, forse, se lo vorrà, saranno contributo all'almanacco di Filippo Ronco, forse saranno dolce ninna nanna per altri, vedremo.
Arrivarvi, al Mar divino non è proprio facile. E' nella zona dell'aereoporto cittadino, ma lato militare, e quindi meno trafficato da statali e provinciali, tuttavia calare l'ancora alla sua tavola è un'esperienza che, almeno a Benetton City, permette di gustare il miglior pescado della contea. L'esterno è anonimo come il resto degli edifici di Canizzano, frazione della periferia sud, ma appena entrati si percepisce cura e attenzione, anche per i dettagli, cosa non trascurabile. E questo si percepisce dalla Carta, ancor prima di aprirla; dettagli, dicevamo, ma significativi di come Francesco Colaianni, barese trapiantato prima a Roma e poi qui, per cause muliebri, cerchi di trasmettere all'avventore il meglio di Nettuno, mediato anche dalla sua mano e anche da ricordi della madre terra che incontreremo nello scorrere dei piatti.
Dopo un saluto della cucina si principia con degli Scampi crudi su di un carpaccio di pomodoro e una stracciatella di burrata. Ottimo al palato il mischiarsi dei tre elementi, laddove burrata e crustacei sembrerebbero evidente bizzaria dello Chef, ma le due lipiditudini, marina e vaccina, vanno via di tango tra le vostre papille.
All'antipasto caldo sembra si scherzi ancora in quanto si annuncia una Capasanta fritta con Cipolla di tropea, ricomposta (manco fossimo nella Morgue di C.S.I.) con Salsa al Cren. Ebbene, per i non autoctoni il Cren altro non è che il lavorato del Rafano, ottimo sparring partner di Bolliti e maialate (intese come suinate)assortite. Qui, ingentilito quel tanto che basta di adeguata cremosità, gioca bene al controgusto e rassicura eventuali palati incerti. Bravo Franco il Barese.
Ai primi si pensava di stare tranquilli ed eccoti delle Orecchiette alla crudaiola (?)con pomodori marinati, polpo (sottile quasi a julienne) e ricotta marzarola. Anche qui si gioca bene tra l'orto, la stalla e gli abissi marini, laddove le orecchiette crudaiole è un escamotage per tradurre quella che più normalmente si chiama "pasta fredda", in quanto, una volta cotta, viene frammischiata a pummarò e piovrà servite fresche. La Ricotta 'n coppa dà struttura ad un piatto già interessante di suo.
Mazzancolle e senape antica... ci risiamo. Allora. Si presenta così. Una decina di Mazzancolle vengono spiedinate in maniera artistica e asimmetrica, con un effetto riassumibile più o meno §§§§§§§§. Sotto scoprite un tortino, che i normali chiamerebbero peperonata, piacevole assemblaggio di peperoni, capperi e quant'altro.
Ai lati tracce di "senape antica", con i suoi bei grani che fanno tanto Digione e tracce di (forse) cremosa burrata. Anche qui si gioca a tutto campo, con rispetto delle singole materie prime che però si assemblano tra loro in maniera piacevole e personale.
Nel frattempo la soundtrack Made in Bacco aveva come interprete il Breg di Gravner, targato '00. Era stata, in partenza, una scelta passionale, ma al verificare poi dei piatti, perfettamente azzeccata.
Si sale ai Dessert. Ancora saudade barese con un Bocconotto pugliese alle mandorle e amarene che si spiega da solo al primo ...boccone e si capisce anche perchè sia sempre in carta; non è solo omaggio a terra natia, ma è 'bbono davvero. La paziente consorte, attenta e abile regista di sala, ci ricorda come il Bocconotto presenti interpretazioni anche varie al cangiar di latitudine pugliese, qui naturalmente è quello scritto nel Dna dello Chef. In sostanza un ...letterale bocconotto di pasta di mandorle con inside dell'amarena e il tutto su di una salsa di frutti di bosco. Da Bis, ma, non paghi, decidiamo di esplorare anche altri lidi. Ecco allora un Semifreddo al cioccolato, con granache al wisky e salsa agli agrumi. Ottimo anche perchè il cacao è made in Valrhona, tuttavia, se capitate da queste lande, non fatevi scappare il Bocconotto. Il tutto accompagnato da un eccellente Passito naturale di Primitivo di Manduria, by Madrigale Estate. Una boccia che penso rara a trovarsi se non si è autoctoni motivati.
Sulla Carta si possono trovare altre tentazioni che, per ovvie limitazioni di cilindrata gastrica, sono state rinviate ad altro (e certo) ritorno. Si precisa che il pesce del mercato può essere elaborato su piastra vulcanica, allo scapece, all'acqua pazza.
La Carta dei Vini è buona, vi sono alcune punte di eccellenza, ma forse dipende anche dalla domanda di una clientela che, tra un perizoma a vista su pregevoli glutei e altri lampadati e lampadate con regolari infradito griffate danno (in parte) al locale una spruzzatina trendy modiaiola che però, tuttavia, è fine a sè stessa, in quanto l'impegno profuso in cucina dal Franco di Bari e dall'autoctona e gentile consorte rassicurano i palati che vengono achì, in periferia, per magnà e non curanti di accessori da Vogue e dintorni. Significativo il fatto che spesso vengono proposti menù a tema lungo l'intero arco di una settimana proprio per avvicinare ai piaceri di Nettuno coloro che non ne possono più di squame intrise di ammoniaca e derivati. Il Mar divino rappresenta una delle punte della nuova ristorazione
trevigiana (come non ricordare Il Basilisco dell'ottimo Diego Tommasi) che si è federata a far squadra sotto le insegne del "Circuito di Babette". Senza sararlizzare troppo ci si alza contenti di panza, ma non alleggeriti di sostanza, in quanto si può veleggiare in questo mardivino con un investimento tra i 60 e i 70 Eurazzi.
Hasta Luego. Sararlo.
Mar divino
Strada Canizzano, 71
Treviso
0422 - 346 542
Chiuso Lunedì e Ferie in Agosto
Categoria: Sararlo Graffiti
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