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RAF CONFIDENTIAL

Powered by Sararlo 01 January 1970 ·

In occasione dei suoi primi 40 anni, gli "Amici" vollero regalare a Raffaele Alajmo un amabile libello in cui ognuno illustrava, con i mezzi suoi, come aveva conosciuto cotanto fenomeno. Ne nacque una bellissima "opera unica" (come peraltro il protagonista raccontato), a tiratura limitatissima: "RAF 40 - i primi quarantanni di un Alajmo", curato da Toni Di Lorenzo, Pippo Maglione e Romina Savi. Ne riportiamo qui il capitolo in cui un giovane dentista di campagna venne a conoscere il futuro Patron di una delle tavole più importanti dell 'orbe terracqueo.

Il mio primo approccio al mondo di Calandria avvenne verso la metà degli anni ’80, ma ero a rimorchio (pagante) della Cena di Calotta degli Ufficiali Medici dell’ Ospedale Militare di Padova.
Una bella esperienza, già allora, anche se non goduta appieno, in quanto troppo impegnati, come “spine”, a schivare gli agguati degli Ufficiali di Lungo Corso, a partire dal mitico Colonnello Volpe, padre padrone del nosocomio militare, dispensatore unico e assoluto di licenze, comandi natalizi o ferragostani, comunque anche calandrità indiscussa di pignatta; pignatte che, in quel frangente, per me furono secondarie.

Vi ritornai, dalle parti di via Liguria, qualche anno dopo.
Mi ero ricavato un’enclave di un’ora o poco più tra la corvè ospedaliera a Cittadella e un Corso di Perfezionamento all’ alma universitas patavina.
Qualcosa era cambiato alle pareti, e non solo.
Il pacioso signore un po’ stempiato con gli occhiali, in Sala, aveva ceduto paternamente il campo ad un giovanotto molto preso dalla sua parte.
In Cucina, Mamma Rita lavorava a quattro mani con un ragazzino in apparente stand by tra una partita di basket e l’altra.

Mi sedetti al penultimo tavolo, sulla destra. Probabilmente, in termini contabili, il n.4.
La scelta era strategica.
Già da allora coltivavo l’insana passione di raccogliere, come un Chatwin di paccheri e cicerchie,
i memorabilia di un amarcord gastrò tutto da scrivere.
Usavo vari stratagemmi.
Ponevo sul tavolo riviste e giornalacci vari, apparentemente indaffarato come un commesso viaggiatore o un luminare dal trapanoso futuro.
In realtà non scrivevo frettolosamente appunti sul divenire dell’ ars dentalica, ma trascrivevo piatti, impressioni, di settembre o dei primi di ottobre.

Il fine ultimo di tutto ‘sto casino, era comunque sottrarre con destrezza la Carta del Menù, di cui già si preannunciava picomirandolesca collezione.

Quello che poi si rivelerà Raffaele, mi guardava dapprima con curiosità, poi con sorpresa, poi con sospetto, comunque celato già dal Dna di una professionalità forgiata sull’ innato talento e l’ albero genetico dai frutti stellari.

Con un occhio all’orologio e uno agli appunti, il Menù scorse comunque veloce e abbondante, tra dei Ravioli con le Rape Rosse e un qualcosa di ittico ai sapori di verbena.

Nel congedo del rapido salutare con gli istintivi complimenti di chi aveva percepito di aver trovato un proprio Puerto del Corazon (non mi ricordo se, nell’eccitazione, ero riuscito anche ad appropriarmi dell’agognato Menù), con Raf ci guardammo per un attimo negli occhi, ognuno probabilmente chiedendosi con qual bel tomo avesse avuto a che fare...

In seguito, presa confidenza, esibito in forma meno clandestina il blocchetto degli appunti, e fatto pubblicamente un outing della mia gastro.grafomania, Raf, di fronte all’ennesima boccia di Krug Rosè, mi confidò ridendo:
“ … Sai, quella prima volta che sei venuto, quando sono andato in Cucina a riferire la comanda (già allora “generosa”, n.d.r.) ho detto a mia mamma e mio fratello : “attenti, quello deve essere un giornalista, o uno di qualche guida, chissà”.
E per fortuna che internet era di là da venire, con l’avventore, divenuto amico, che si clonerà poi in un famigerato “sararlo” narrante per le latitudini e i paralleli di Enotria, anche se la casa elettiva rimase sempre in Via Liguria, tanto che, nel tempo, fortemente voluta da Raf, sorse anche la Sala Cavalieri, enclave Gourmand della Confraternita dei Cavalieri delle Calandre, quelli il cui motto recita “Vivere Gioiosamente in bilico tra Vizio e Virtù”.
Chissà se, allora, Raf aveva avuto più fiuto o intuito…

Nei mesi, negli anni, i ritorni furono plurimi, fino al cementarsi di un’Amicizia che credo sia legata, oltre che da innumerevolissimi momenti di piacere e di solidarietà plurisensoriale, ad una frase, regalatami da Raf, che mi è stata impressa nella memoria come il Mosè al ritorno dal Monte Sinai:
“E’ l’attenzione per il dettaglio che fa la differenza ...”
In fondo, mi ha illuminato un concetto che, di mio, cercavo già di applicare, ogni giorno, nella mia vita quotidiana, fatta, ahimè, non tanto di paccheri o cicerchie, ma di trapano e stridor di denti (altrui).
Una bella storia, certo, anche se uno, superficialmente, potrebbe arrivare a chiedersi … “embè, in un tutto questo panegirico Raf-calandroso, quanto c’entra Massimiliano?”
Beh, c’entra, c’entra … ma questa è tuttunaltra storia e qui stiamo celebrando Raf e i suoi primi …arantanni.

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… pardon, Giancarlo Saran
alias Sua Calandrosa Eminenza.

 

 

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