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RISTORANTE ALPINO - Moline di Sovramonte (BL)

Powered by Sararlo 16 August 2006 ·

Franco Bee e il suo Panda Alpino hanno chiuso le serrande circa 2 anni fa. La difficoltà oramai era evidente. Un piccolo cameo alla memoria di un luogo che, in quella certa curva, era presenza costante di saluto quando si tornava ai monti, di arrivederci quando si volgeva la prua a valle

Quante Storie.
Uno arriva ad una certa età, e si chiede se ci si può innamorare ancora, tante ne ha passate, di cotte, di crude, e pure frollate a dovere.
Parliamo di liasons dangereuses tra tavola e palato, ovviamente, cosa pensavate?
A Luana Vernacoliera? No, ce la siamo messa via, oramai, Maicol è un avversario invincibile.

Eppure, qui, in terra labronica, ci siamo incocciati in un locale che ci ha attrippato assai, per la Tavola, certo, ma anche perché, quante storie appunto, ci ha permesso di avere un altro e ulteriore squarcio di quella realtà che amiamo da sempre, fatta di Trattori e dintorni: Storie di Prodotti, Produttori e Grappaioli angelici.
E’ vero, non si finisce mai di imparare e stupirsi, e il divertimento è assicurato, ogni volta.

La Storia del Ristorante Ciglieri è legata a quella di una coppia decisamente fuori dal coro, al secolo Maila Prispoli e Alessandro Ungheretti, Coniugi nella vita e, rispettivamente, addetti a fornelli e cambusa.

Recentemente trasferiti in quelli che si narra siano stati i Casini di Ardenza, hanno dato patina rispettabile ad un piacere che sempre tale è, ma stavolta compostamente seduti in quello che sembra un privè gastronomico da 12 posti o poco più.

Gli interni hanno innumeri testimonianze di vita vissuta con passione. Libri, suppellettili professionali e non, veronellianità assortite.
Ma il tutto senza fronzoli eccessivi o quelli che noi chiamiamo Cristalli di Fiandra … in fondo, ad una bella donna, per valorizzare le sue grazie, può bastare anche solo un po’ di Chanel, non necessariamente orpelli e orpalli di griffature stellari.

Prima di andare in Jam session di Cucina, però, ci piace segnalare un piccolo cammeo, significativo del perché ci ha attrippato questo locale con un approccio, forse, inusuale.

Scorsa la Carta (ma ci eravamo già preparati, il sito web è curato molto bene, anche con gusto grafico personale), si trattava di passare ai beveraggi. Esclusa la 7 Up e la Diete Coke, e trovandoci in un locale ittico, eravamo rimasti un po’ sorpresi dal non trovare i nostri amori di sempre; parliamo di un Gravner, un Radikon, magari pure quella Maremma maiala che si trova da Niccolaini & Co.
Unico ambasciatore il Trebbiamo di Edoardo Valentini, un po’ poco.
Manifestiamo la perplessità.
Ungheretti si avvicina, ci guardiamo, ci squadriamo…
E’ bello quando si creano queste situazioni, è una delle cose che ci diverte di più.
Si cerca ognuno di prendere le misure all’altro. Non ci si conosce, ci si annusa;  si può immaginare, ma la realtà reale non è mai quella virtuale.
“Bah, sa, potremmo fare un Cervaro della Sala …”
E’ buttata lì in maniera malandrina. Ma come, ti chiedo del contadino Gravner e rilanci con il Marchese Antinori.
Uhm, qui gatta ci cova, troppo facile.
Lo guardo, recito la parte della Contessa con l’Ambrogio …
Con apparente aria distratta e mezzo contrita, l’Ungheretti butta sul calice un suo autodafè  “…sa, a me piace bere strano …”
Vai di Rossi.
Minkia banana, un locale di Pesce che, elettivamente, viaggia di bordolesi, borgognoni e langaroli.
Ecco perché, forse volutamente, nobody about Gravner & Co.
In qualche modo si vuole pilotare la scelta, o scremare il palato di passo…. chissà

Aniway.
A braccetto con un Pinot Nero di Lageder ci si avvinghia stretti, stretti per una lambada che è cominciata con delle Ostriche saltate in padella su di un biscotto di Gorgonzola.
Inizio non poteva essere migliore
Belle, muscolari, potenti; ci chiedevamo come queste creature di virtù salmastra e marina potessero sposarsi con lo stallatico spinto del Gorgonzola e i suoi umori ultralattei.  Matrimonio riuscitissimo e i confetti li offre Lageder.

Ungheretti comincia a girarci intorno. Non sappiamo se sia come fa il gatto con il topo o come chi vuol capire se può giocare a fare il Patron o limitarsi a fare l’Oste compunto e contrappunto.

Si resta di porto e di mare con una Passata di Pesce Povero con Legumi e Code di Scampi.
Credevamo di ritrovare copioni conosciuti, e invece la pensata è di taglio originale.
Ramazzate le umili carcasse di pinne proletarie, il tutto è mixato ad una componente minore di legumi, “tanto per dare rotondità”, ma la componente pesciosa si sente, eccome, e che nobiltà al gusto: i sentori di “pescado” sono molto vitali, pur se non prevaricanti.
Divertente quindi, per contrappasso, il sentore di povertà birbante, ma dal gusto d’eccellenza
Le Code di Scampi potrebbero starci per fare da ponte tra le due componenti anzidette, forse; per fare ”effetto colore”, forse again; ma siamo in terra labronica, chissà, maybe anche per fare il verso goliarda  a passatine più … minimaliste.

Abbiamo nuotato a sufficienza, tiriamo momentaneamente le reti a riva, e ci riposiamo in terraferma con i Maccheroni di Foie gras, Ragù di Sante Marcantoni.
E’ un piatto interessante ma, nel contesto generale, quello che forse ci ha coinvolto meno.
Ma non perché fosse insufficiente, tuttaltro, tuttavia, mentre il resto ci ha stupito, prendendoci anche in contropiede, questo ha “solo” confermato l’ottima mano in Cucina.
Mentre il Foie si era sciolto, assieme alle scaglie di pecorinum, il Ragù Piccione ha dimostrato struttura di alto livello.
Divertente la definizione data al Sante:  “una specie di Forrest Gump” di nicchia pennuta.
Chissà, magari un giorno conosceremo pure lui, dopo le sue creature.

E si arriva al pezzo forte, a quello che noi chiamiamo “Il Piatto del Buon Ritorno”, quello che ti fidelizza per tutta la vita ad una Cucina: L’Astice al forno con Salsa di Aglio e Vin Santo toscano.
Eravamo un po’ restii a sceglierlo, troppo facile andare di nobiltà crustacea, ma quella presenza di aglio e vin santo ci aveva incuriosito, ci vedevamo quasi un gioco tra diavolo e acqua santa, pur se alcolica.
E’ semplicemente un piatto che ti colpisce al cuore. Non puoi esimerti, all’inizio, dal seguire Monsignor Della Casa, in questo aiutato da un tritacarpace d’ordinanza e da regolare uncinetto crostaceo.
Poi ti guardi attorno e ti avventi sulla preda.
Dal fondo della Sala, la voce dell’ Ungheretti è incoraggiante:  “lo faccia, lo faccia, anche il Barone Rotschild fa così…”, e devono bardarlo tuttodattorno perché gli schizzi di questo bengodi non si stampiglino sulle pareti o sui decolletè delle, si presume, Madame che lo accompagnano.
Difficile dire cosa ha colpito di più.
Personalmente non tanto l’aglio e il vin santo, sembrano più sparring partner che altro, probabilmente gli umori più profondi de à creatura che, elaborata accussì, riesce a dare il meglio di sé.

Ok, è fatta, il ghiaccio si era spezzato subito, al momento del “famolo di boccia strana”; adesso è amore focoso che  si rassoda con il Budino di Pistacchio, farcitura di Crema e granella pistacchia.
Inutile descriverlo, se ne è fatto il bis e basta.

E qui comincia la seconda parte dell’avventura.
Pare con l’Ungheretti di conoscersi da una vita.
Qui c’è militanza di lunga data, e sempre in trincea, rifuggendo le luci del varietà e del conformismo guidarolo.
Emergono inediti dettagli di figure che amiamo. Pur se leggende, oramai, da un Veronelli ad un Giacomo Bologna, tanto per fare pochi nomi

Addocchiamo un po’ di samarolità assortite… alcune sono autentici pezzi unici distillati espressi per la casa, ma ci viene concesso il patentino di habituè e quindi ci balocchiamo con un Rhum 1974 che va segnalato.
E’ la bottiglia n.189 di 264.
E’ la consueta storia di Silvano Samaroli: scova in Scotland botti che hanno affinato per anni prodotti dal passaporto caribbean.
Abbiamo ancora ben stampato nel sistema limbico (quello delle emozioni più profonde) il leggendario Jamaica ’48.
E anche qui, e ancora, ci si bea di tutti i sensi principali: il Colore, l’Olfatto, … odori e colori del mondo, variante creola.
Tamarindo, Liquirizia, Melassa….. berlo lo si farà,sì, perché è un distillato … liquido. Ma quante percezioni orgasmolettiche prima dell’atto finale.

Non poteva finire meglio.
Bravò, a entrambi. Maila dobbiamo farla uscire a fatica dalla cucina dove si è tenuta sempre in disparte. Lo sguardo dolce con un filo di malinconia, lieve, per una vita in cui si capisce che non si è mai scesi a patti con nessuno, tantomeno la propria coscienza.
Ugo è animato, oltre che da passione, da quella lucida follia visionaria tipica di un anarchico convinto come si dichiara.
Attaccati ad una terra che non li ama particolarmente, ma da cui non vogliono staccarsi, nonostante le diverse profferte, anche molto vantaggiose, giunte d’ altrove.
Gente vera, gente di frontiera, a casa loro, forse, ma la cui tavola ci ha fidelizzato anche solo con pochi morsi.

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Ristorante CIGLIERI
Via Ravizza, 43
LIVORNO
Tel. 0586 508 194
Chiuso il mercoledì.
Ferie variabili
Per divertirsi, tra i 100 e i 150€
www. ristoranteciglieri.it

 

Categoria: Sararlo Graffiti

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